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Via S. Pietro Martire 18,
Reggio Emilia, Italia

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Carla Ruffini
Docente


 

Chi ha paura del rosso brillante?


Prove di arte libera nella pubblica vetrina di ArtPoint.
In via S. Pietro Martire a Reggio Emilia la sorprendente installazione di Giordano Montorsi


ArtPoint 18, via S. Pietro Martire, Reggio Emilia
febbraio 2012

 

 
 

Rosso brillante, un bagno di tinta decisa per un drappo bianco (scolorito) alla ricerca di una identità caratterizzante e l’inizio di un processo di colorazione incompleto, che esita e non trova la forza di compiersi.

La metafora suggerita dall’installazione di Giordano Montorsi nello spazio libero (ma libero veramente) che si offre generosamente ai passanti, osservatori fruitori “beneficiari”, in una inconsueta vetrina che parla di artevita. La vetrina di via S. Pietro Martire, stanza d’artista in trasparenza, sempre visibile e godibile, svincolata da esigenze mercantili.

Rosso brillante. Rosso sangue? L’aspirazione al colore di una bandiera (forse) che anela a tingersi ancora di rosso, dopo le offese e le scoloriture subite?

Intorno i segni del degrado, il degrado sociale, il degrado politico, il degrado del potere che annulla i colori del riscatto in nome dei colori-non colori della cancellazione e dell’indistinzione (due nuances opposte ma convergenti), uniche tinte della gamma ammesse: il nero fumo della violenza vessatoria che schiaccia e il bianco sporco della dissimulazione che offusca.

Lacci e laccioli, novelle catene per l’odierno Spartaco, i vincoli del neoliberismo, gli oltraggi del mercato globale, la finanza padrona, i diritti umiliati.

Forme geometriche plumbee evocanti una croce, simbolo di sofferenza e di liberazione, che sembra aver perso, anch’essa, le vivide tracce di sangue che hanno accompagnato la sua gloriosa vicenda nel mondo. La croce, non più simbolo di riscatto per gli oppressi e i perseguitati, ma segno del potere ecclesiale che questo sangue ancor vivo scolora, scegliendo per i propri paramenti il paludato color porpora.

E pure il richiamo ammiccante alla vita domestica, rassicurante e ingannevole insieme, che ferma il tempo e la voglia di lotta, complice lo sguardo sornione di un gatto.

In questa cornice che incombe la colorazione del drappo è parziale, si è fermata e sembra incapace di procedere. La stoffa informe, con appena un abbozzo di colore, non è ancora in grado di uscire nel mondo, sicura di sé e della sua vitalità.

Che ne è della bandiera rossa? La bandiera rosso brillante, rosso sangue? Che cosa impedisce al drappo di completare il rito incompiuto della colorazione? Con decisione, con determinazione, con forza vitale.

La bandiera rossa, innalzata per la prima volta come simbolo della giustizia sociale dai contadini in rivolta nella Germania del 1500, ricomparsa in Francia nell’insurrezione parigina del Campo di Marte nel rovente agosto del 1792 e tra gli operai lionesi in lotta nel 1834, poi nella gloriosa Comune di Parigi, prima di diventare la bandiera dei socialisti e dei comunisti.

“Senza aiuto di santi marciano,/tutti e dodici, all’infinito./ Pronti a tutto, / senza scampo./ Davanti a loro sventola / una bandiera rossa (…) Marciano ora con passo regale. / Davanti a loro, recando un vessillo / insanguinato, invincibile / alla tempesta e al fuoco, / va leggero nel turbine / librando il suo passo in cadenza, /va, capofila, innanzi, / Gesù Cristo” recita il poeta (Aleksandr Blok).

Il rosso brillante del vessillo del riscatto e dei diritti corre forse il rischio da cui ci mette in guardia Pier Paolo Pasolini in uno dei suoi celebri epigrammi intitolato Alla bandiera rossa? “Chi conosceva appena il tuo colore, bandiera rossa, / sta per non conoscerti più, neanche coi sensi: / tu che vanti già tante glorie borghesi ed operaie, / ridiventa straccio, e il più povero ti sventoli”. 

I diritti di cui oggi godiamo brillano rossi del sangue versato da chi ha combattuto per loro, e per noi, nel corso dei secoli. Sarà possibile fissarne la memoria e il colore?