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Via S. Pietro Martire 18,
Reggio Emilia, Italia

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Paolo Borciani
Giornalista


 

Teneroni di tutto il mondo unitevi


installazione di Giordano Montorsi


ArtPoint 18, via S. Pietro Martire, Reggio Emilia
novembre 2012

 

 
 

Un mio caro amico tiene, in bella vista sulla credenza, una vecchia foto in bianco e nero: c’è lui in primo piano con una bandiera dalla lunga asta e dietro, nello sventolìo di altre alte bandiere, ci sono in file compatte i suoi, i nostri, amici, che urlano a squarciagola la propria voglia di cambiare il mondo. E’l’inverno del 1970, le bandiere in bianco e nero sono rosse e quei giovani si sentono uniti con i giovani di tutto il mondo.

Nello spazio Art Point 18, in via San Pietro Martire, Giordano Montorsi ha disposto sul pavimento una schiera di piccoli colorati pelouches. Sono elefanti, zebre, scimmie, conigli, cammelli, orsacchiotti, papere, cani, tigri, giaguari, ippopotami. Sono in tutto 111 e formano una falange animale di tredici file, sette da nove e sei da otto. Ognuno porta una lunga lancia. Sulla parete alle loro spalle c’è un cerchio multicolore: chissà forse un sole, o un centro per le lance o un attrezzo ginnico da attraversare.

Si tratta di un’armata velleitaria, paradossale e ironica, che non fa paura a nessuno, tutt’al più strappa un sorriso. Una scritta a led suggerisce il titolo dell’opera: “Teneroni di tutto il mondo unitevi”. Ecco, sembra dire Montorsi, ci sarebbe forse bisogno di unirsi come un tempo, ma oramai, guardiamoci bene negli occhi, siamo soffici e domestici. Oppure, al contrario, l’unica risposta a questi tempi grigi e ferrigni è la tenerezza, lo stare vicini e, perché no, l’arte. Le lance dei nostri pelouches possono essere allora sottili pennelli e la pittura una strada per la libertà. D’altra parte Montorsi, che ha usato con lucida inventiva tutti i linguaggi e le tecniche possibili, non ha mai abbandonato la pittura e il carboncino addirittura, in barba a tutti i modernismi modaioli.

Usa spesso Montorsi, gli animali: ne ha inventati e dipinti di fantastici e ne ha messi in scena in tante installazioni. Una volta, sul pavimento della Rocca dei Bojardo a Scandiano, ne utilizzò centinaia: piccoli animali di plastica nera che si aggiravano tra cartoline colorate di città in un mondo inquietante da cui l’uomo era, meritatamente, scomparso. Quelli sì facevano paura!

Li abbiamo poi ritrovati, gli animali, in ogni anfratto delle antiche pietre dei sotterranei ed infine nei quadri, chiusi in teche di legno e vetro a entrare e uscire dimezzati da muri bianchi.

I nostri pelouches teneroni non generano altrettanta inquietudine, potrebbero però con un po’ di fantasia e di coraggio trasformarsi. Trasformarsi come i Gremlins del film di Joe Dante e allora sarebbero davvero dolori per tutti. Di dolore però ce n’è già troppo di questi tempi, quello che manca semmai è l’ironia disincantata dei peluches di Montorsi.

A ben guardare, laggiù, dietro le prime file, nella foto del mio amico, potrebbe esserci unito agli altri giovani, un giovane: Giordano Montorsi.